Audrey Magee, “La colonia”, Bollati Boringhieri (2023)

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All’inizio di un’estate di fine anni Settanta, il signor Lloyd si trasferisce per alcuni mesi su una minuscola e sperduta isola a largo dell’Irlanda del Nord. La distanza l’ha preservata dal cambiamento: qui si parla ancora gaelico, si vive di pesca, uova e conigli, si sferruzzano i tipici maglioni. I pochi abitanti che ancora non sono emigrati, quasi tutti anziani, sono pescatori o vedove di pescatori e conducono un’esistenza semplice, fatta di gesti e giornate sempre uguali.

Il signor Lloyd è inglese ed è un pittore. È ospite pagante di una famiglia del luogo, con cui limita i contatti al minimo. A lui non interessa interagire con questa gente e men che meno ingraziarsela, bensì trovare l’incontaminato, l’autentico, la natura aspra e selvaggia, nient’altro che scogliere, mare, luce e uccelli, l’energia primigenia da riprodurre sulla tela, l’ispirazione per uno stile nuovo che lo trasformi nel Gauguin dei suoi tempi. E che gli permetta di recuperare il rapporto con la moglie, una gallerista londinese a cui la sua opera appare ormai fiacca e sorpassata e che quindi preferisce occuparsi di uomini più intriganti.

Lloyd dorme in una stanza che odora di muffa e torba, mangia cibi modesti e anela alla solitudine, e per tutto ciò è disposto a pagare lautamente. La famiglia che lo alloggia, riservandogli un disprezzo e un’irrisione che lui non coglie, è formata da tre vedove imparentate, nonna, madre e figlia, e da un ragazzino, James, figlio di quest’ultima. I loro mariti sono morti in mare e ad aiutarle sono rimasti solo due uomini che vanno e vengono dall’isola ma abitano sulla costa irlandese. Tutti si aspettano che James resti lì per sempre, a pescare e occuparsi delle vedove, ma lui, che in mare ha perso padre, nonno e zio, odia questo destino e vede in Lloyd la via per emanciparsi e partire. Poiché ha un vero talento artistico, riesce a farsi accettare come aiutante di Lloyd. Un apprendista che ha molto da insegnare al suo maestro.

Con grande disappunto del pittore, in casa arriva presto anche un secondo straniero. Si chiama Masson, è francese ed è un linguista. Ha trascorso le ultime estati lì, munito di registratore, per studiare la lingua irlandese e proteggerla dall’estinzione. Anche lui reclama per la presenza dell’altro, che intorbidisce la purezza dei parlanti dell’isola, tra cui l’inglese è ancora poco diffuso: qualcuno lo capisce ma non lo parla, i più vecchi lo ignorano del tutto. Solo James è perfettamente bilingue, con una netta preferenza per l’inglese. Masson teme che Lloyd acceleri la disgregazione del delicato tessuto linguistico e lo vorrebbe esiliare, zittire; i battibecchi tra i due sono uno spasso per gli isolani. Insomma, ciascuno dei due è di ostacolo all’altro nella ricerca della stessa cosa: l’immersione totale nell’autenticità, della natura o della lingua, e il raggiungimento di successi professionali e personali. Lloyd ha bisogno di silenzio, Masson di parole. Quest’ultimo si è investito della missione di salvatore dell’irlandese e non tollera che la vita degli abitanti cambi. Scopriremo quale retroterra psicologico e quale impulso compensatorio nutrano il suo bisogno di imporre la conservazione.

A intervallare il racconto delle dinamiche e delle attività sull’isola troviamo asciutti resoconti dei numerosissimi attentati che, nel corso di questa stessa estate, insanguinano l’Irlanda. Nell’isolotto arriva appena una pallida eco degli agguati e delle rappresaglie tra comunità cattolica e protestante, IRA, esercito britannico, gruppi paramilitari unionisti; tuttavia, anche questa è terra di penetrazione coloniale. Per quanto diversi, Lloyd e Masson sono arroganti e dediti alla predazione. Entrambi cercano l’autenticità (altrui) a proprio beneficio. Si credono semplici osservatori, ma in realtà intervengono, impongono, illudono e sottraggono, come fanno i colonizzatori. Si appropriano di quest’isola in tutti i sensi, ne propongono un’immagine fasulla e irrompono nella vita degli abitanti.

La scrittrice irlandese Magee ha una padronanza stilistica impressionante. Combina con maestria narrazione in terza e in prima persona, dove quest’ultima assume spesso la forma di un flusso di coscienza, espresso in modi diversi a seconda del personaggio: Lloyd, Masson, James e sua madre, la giovane vedova dell’isola. I dialoghi sono essenziali, pungenti, ironici quando è il caso. Vivide le descrizioni della natura. Le fisionomie psicologiche sono delineate egregiamente e distillate in modo da svelare sempre nuovi aspetti, motivazioni, aspirazioni. Di grande intensità sono in particolare le figure di James e di sua madre.

Va detto che l’opera soffre di una certa staticità e che, nonostante il fraseggio spesso breve, la lettura procede lentamente. Si è però ripagati da una prosa dal sapore nuovo e da una ricchezza di contenuti non comune.

 

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