È una storia incredibile ma vera quella che ci racconta in forma romanzata la studiosa e scrittrice franco-mauriziana Caroline Laurent. È la storia delle isole Chagos, un minuscolo arcipelago sperduto nell’Oceano Indiano, 55 isolette di cui solo tre abitate, che costituiscono l’ultima colonia africana del Regno Unito. Nel 1973, i chagossiani, appena 1500 individui in stragrande maggioranza discendenti di schiavi, vengono sradicati dalle loro terre e deportati per fare posto a una base militare pensata in funzione anti-sovietica negli anni della guerra fredda e destinata a diventare cruciale dopo l’11 settembre. Vengono prelevati all’improvviso, caricati su una nave e abbandonati a Mauritius, a 2.000 kilometri di distanza; sia il governo mauriziano che quello britannico, responsabile del loro esilio, si disinteressano completamente alla loro sorte. Non ricevono né alloggi, né soldi, né spiegazioni. Sono vittime inermi di scenari geopolitici di cui non sanno nulla. Sanno solo che hanno perso ogni cosa: la casa, il lavoro, il piccolo paradiso in cui vivevano da generazioni e che amavano, la dignità di una vita semplice ma felice. Eppure non si fanno abbattere e trovano la forza per farsi valere, sfidando potenze mondiali infinitamente più grandi di loro. La scrittura di Caroline Laurent è avvincente, coinvolgente, ricca di passioni, capace di esprimere l’intensità del vissuto di persone travolte dagli eventi, che subiscono soprusi per motivi che ignorano e che sanno reagire grazie alla loro sola forza d’animo. Il discorso diretto riproduce la parlata di individui non scolarizzati. Il racconto in terza persona è inframmezzato dalle irruzioni di un io narrante che identifichiamo solo in un secondo momento. Le sue parole ci riportano al presente e alla faticosissima causa legale per fare valere i diritti degli isolani; causa che qualche anno fa è approdata alla Corte Internazionale dell’Aja, senza che la situazione si sia ancora risolta.
La protagonista del romanzo è Marie, nata e cresciuta a Diego Garcia, una delle Chagos: solo palme da cocco, sabbia e un mare cristallino. Non c’è null’altro, ma per lei è tutto. Marie è giovane, bella e analfabeta. Vive a piedi nudi, in modo semplice e spontaneo. Come tutti gli isolani, lavora nell’unica industria esistente, quella della copra, la polpa essiccata della noce di cocco da cui, con procedimenti tradizionali e gesti sempre uguali, viene estratto un olio molto usato. Si nutre dei frutti della terra e del mare; ogni mese arriva da Mauritius una nave che porta derrate introvabili sulle isole: riso, farina, carne, saponi, stoffe, ma anche “diversivi e notizie” e magari un dottore e il prete. Insomma, i chagossiani non partecipano alla modernità; vivono senza soldi, senza documenti, senza macchinari e tecnologie. Non hanno ospedali, scuole, acqua corrente. Sono un piccolo popolo pacifico, fuori dal tempo, in piena armonia con la natura. Il centro della loro esistenza è rappresentato dalla religiosità (cristiana), dal legame con gli avi e dai rapporti personali e familiari; Marie condivide ogni momento con la zia, la sorella, i nipoti e la figlia Suzanne, di cui non sa chi è il padre, ma non importa: gli uomini in quest’isola sono tanto simpatici quanto incostanti e poco interessati ad accudire.
Gabriel invece è diverso. Arriva un giorno ad affiancare l’amministratore per conto degli inglesi e tra lui e Marie è amore a prima vista. È un giovane mauriziano di ottima famiglia, un cittadino che ha studiato e dalla pelle “color tè al latte”, mentre Marie è un’operaia nerissima che parla solo il creolo ed è già madre. Nonostante le differenze, tra loro nasce una relazione erotica e amorosa intensa, che verrà presto turbata da un doppio segreto: personale, nel caso di Marie, politico nel caso di Gabriel. Il loro rapporto, costellato da avvicinamenti e allontanamenti, speranze e menzogne, riproduce l’altalena di illusioni, disillusioni e bugie che segna la vita dei chagossiani.
Il plot romanzesco è inventato, le date a volte sono cambiate a fini drammaturgici, ma è salda la presa sulla realtà dei fatti storici ed efficace la rappresentazione del turbinio di emozioni che sconvolge i chagossiani, così come della loro determinazione. Ogni elemento concorre a simboleggiare e rappresentare l’incertezza del rapporto con il luogo d’origine e le eredità coloniali.
Un interessantissimo inquadramento della vicenda delle Chagos viene offerto da un altro libro uscito di recente, il saggio di Philippe Sands, L’ultima colonia, Guanda. L’autore, che ha partecipato in qualità di avvocato al processo dell’Aja, mantiene una scrittura discorsiva anche quando si addentra in meccanismi giuridici e amministrativi di una certa complessità. Il suo libro dà spessore a quanto narrato da Caroline Laurent, in quanto ripercorre la storia delle isole sullo sfondo del contesto internazionale, raduna una miniera di informazioni, riporta testimonianze toccanti e racconta il versante giuridico della interminabile, tortuosissima battaglia dei chagossiani per fare valere i loro diritti, calpestati senza ritegno da un governo coloniale che li considera merce sacrificabile.