Eskol Nevo, “Tre piani”, Neri Pozza (2017)

 

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Se avete voglia di leggere un libro intelligente ma non faticoso, che vi catturi e vi faccia riflettere, vi consiglio di prendere in mano l’ultimo romanzo di Nevo. Si intitola Tre piani e si regge sull’idea di mettere in scena i tre livelli della psiche teorizzati da Freud: Es, Io e Super-io. Bisogna essere brillanti per riuscire in questa impresa senza risultare pedanti o superficiali, e Nevo brillante lo è davvero. Scrittore israeliano della generazione successiva a quella dei tre grandi nomi – Yehoshua, Oz e Grossman – Eskol Nevo ha giustamente saputo conquistarsi un posto di tutto rispetto nel panorama letterario interazionale.

Il romanzo ha tre personaggi, un uomo e due donne. Abitano rispettivamente al primo, secondo e terzo piano di una palazzina. In tre lunghi monologhi, che occupano altrettanti capitoli, ciascuno dei protagonisti si confida a un interlocutore, che per noi resta sconosciuto e muto. Ognuno parla con la propria voce e il proprio stile. Ognuno sta attraversando una difficile situazione familiare. Apparentemente, in comune hanno solo questo: sono in crisi e vivono nello stesso condominio alla periferia di Tel Aviv.

Man mano capiamo che il motore concreto dell’agire, pensare e reagire di ciascuno è una delle istanze freudiane. Colto in un momento di grande inquietudine e sollecitato dagli eventi, ciascuno rivela la vera stoffa di cui è fatto e la forza a cui più soggiace: impulsività e scarso discernimento, riflessività autoanalitica che cerca di mediare tra doveri e pulsioni inconsce e di trovare un equilibrio, giudizio normativo e morale. Ma è bene chiarire che queste pagine racchiudono molto di più e soprattutto che non mettono in campo nessun meccanicismo, nessuna arzigogolata architettura e nessuna simbologia occulta. Anzi. Ci immergiamo in un racconto che scorre e avvince, è vivo, credibile ed estremamente piacevole. La scrittura è frizzante e fresca e sa avvicinarsi all’intimità dei suoi personaggi, restituendola con naturalezza  e spontaneità (certo, la spontaneità in letteratura è artificiosa, è frutto di perizia tecnica e sapienza, ma quando lo scrittore fa bene il suo lavoro, la letteratura può realizzarsi come modo peculiare di cogliere e comprendere la realtà).

Raccontandosi, i nostri tre protagonisti, svelano i loro sentimenti più profondi e le pulsioni più potenti, le loro debolezze e paure, le fragilità e le ossessioni. E’ difficile non entrare in risonanza con loro, non appassionarsi alle loro vite e ai loro destini e non chiedersi come andrà a finire, perché ci riconosciamo in ciascuno di loro.

Mi piace sottolineare che, dato che il loro interlocutore rimane sempre silente, le loro confidenze non sono mai sottoposte a un giudizio esterno. E’ il racconto autobiografico in sé che ha funzione terapeutica. Per chi lo fa e per chi lo legge.

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