Erri De Luca, “Impossibile”, Feltrinelli (2019)

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Scrittore prolifico e notissimo, amato anche all’estero grazie alle molte traduzioni, Erri De Luca è tornato da poco in libreria con un nuovo romanzo, breve come di consueto. Chi già conosce lo scrittore, ritroverà anche qui il suo peculiare stile di scrittura: una prosa scarna, scelte lessicali e sintattiche semplici ma con accostamenti inediti tra le parole, grazie a cui prendono forma a immagini e metafore che generano quasi un surplus di significato. Sono scelte stilistiche che possono non piacere, ma i temi toccati nel libro sono interessanti e importanti.

La forma è quella di un romanzo giudiziario. Assistiamo infatti a un interrogatorio che si dispiega su più giorni, un serrato scambio di domande e risposte tra un magistrato e un uomo sospettato di omicidio. Tuttavia, l’interrogatorio si trasforma spesso in un dialogo, in un confronto alla pari, se non addirittura a ruoli rovesciati, vuoi per la maggiore anzianità dell’imputato, vuoi per il desiderio dell’inquirente di capire, ben oltre gli stretti limiti dell’accertamento dei fatti. Oltre all’età, il protagonista ha dalla sua la pacatezza di chi ha vissuto molte esperienze, ma anche l’abitudine alla montagna, ai pericoli e ai precipizi, il respiro lento di chi è avvezzo alle lunghe salite.

La montagna è un motivo ricorrente nella narrativa di Erri De Luca; non è tanto l’impresa in sé a interessargli, quanto la motivazione sottostante, il piacere della solitudine, il rapporto diretto con una natura poco antropizzata, la ricerca della bellezza del mondo, la soddisfazione di usare le proprie forze per qualcosa di inutile, che non serve a niente e a nessuno.

È proprio un’escursione in montagna l’origine di tutto: durante una camminata in un luogo poco praticabile e poco praticato, colui che ora è imputato vede un altro uomo precederlo a una certa distanza. I due si muovono a lungo così finché, in un punto particolarmente impervio, l’uomo che è davanti precipita. Potrebbe essere un incidente, se non fosse che la vittima è proprio chi, 40 anni prima, ha consegnato alla giustizia il nostro protagonista e i suoi compagni, tutti membri di un gruppo armato rivoluzionario, destinandoli a una lunga carcerazione.

Per il magistrato è impossibile che si tratti di una tragica fatalità. Come può essere una coincidenza che due individui un tempo fraternamente legati e poi violentemente divisi fossero presenti nello stesso istante e nello stesso luogo e che un incidente abbia ucciso proprio l’accusatore? Non può che trattarsi di omicidio a scopo di vendetta e, in attesa dell’indagine, il sospettato deve essere trattenuto in cella.

Mentre il magistrato cerca di spiegare la dinamica dei fatti, l’imputato non ha alcuna fretta di discolparsi. La prigione non lo preoccupa, consapevole com’è che la vera libertà non è assenza di barriere. Ciò che gli preme è la coerenza con se stesso: non intende difendere le scelte di allora, ma neppure negare ciò che è stato e ciò in cui ha creduto, benchè ormai consegnato a “un’epoca sconfitta e superata”. L’autocritica non diventa pubblica sconfessione; il ripensamento resta un atto intimo, un esame di coscienza nel quale l’individuo si assume il peso degli errori compiuti senza rinnegare il passato.

La responsabilità personale è una delle questioni forti che affiorano in queste pagine. Ce ne sono altre: il senso della comunità e dell’appartenenza, così distante dall’esaltazione dell’io tipica dei nostri giorni; l’adesione ai valori di uguaglianza, fraternità e libertà da un lato, di giustizia dall’altro; i complessi legami che corrono fra gli eventi, tali da far apparire inevitabile ciò che fino a un attimo prima sembrava semplicemente impossibile.

E poi c’è l’amore. L’amore è il centro delle lettere che il protagonista scrive dalla prigione, tra un interrogatorio e l’altro, a una donna che vive lontano. Sono altrettante dichiarazioni di amore profondo, tenero, premuroso, accogliente, certo di essere ricambiato. Qui il racconto si fa più intimo, scompare la rigidità dimostrata durante i colloqui ufficiali e si fa strada la riflessione sul senso della propria vita.

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