Jan Brokken, “La suite di Giava”, Iperborea (2023)


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Suite di Giava è il titolo di una composizione di Leopold Godovskij, ispirata alle particolarità sonore e ritmiche della musica dell’isola. Jan Brokken la sente un giorno alla radio e si risveglia in lui il desiderio di indagare sugli anni vissuti dai genitori nell’isola di Celebes, oggi Sulawesi, quando l’Indonesia era colonia olandese. A interessarlo è soprattutto la madre, Olga, che nel 1935, a soli 23 anni e sposata da appena una settimana, si imbarca alla volta delle Indie Orientali con il marito Han, giovane teologo protestante specializzato in religione islamica. Han è stato incaricato di svolgere attività missionaria e di ricerca in quella che ai tempi si chiamava Saleier, un’isoletta a sud di Makassar, la città in cui la coppia stabilirà la residenza. Il Governatorato olandese e il Consiglio Ecclesiastico sono preoccupati per l’improvvisa nascita di un movimento di conversione al cristianesimo capeggiato da un’enigmatica figura spirituale, La Galiti. Han viene dunque incaricato di studiare il fenomeno per capire se ha finalità sovversive e consolidare la presenza protestante, edificando chiese e offrendo il servizio pastorale. Olga e Han partono pieni di entusiasmo e spirito di avventura. Sono giovani, innamorati, affiatati, fiduciosi, eccitati dalla prospettiva di una nuova vita. Abitano per un breve periodo a Giava, dove Han segue una formazione sulle correnti islamiche presenti nell’arcipelago indonesiano, e qui vengono conquistati dal paese e dalla sua natura magnifica.

Ripercorrendo la vita della madre a Makassar tramite le numerose lettere che aveva scritto a una delle sue sorelle e alle fotografie che le aveva inviato, Jan scopre a poco a poco una donna totalmente diversa da quella con cui è cresciuto. Lo scrittore è nato quando i genitori erano già rientrati in Olanda, mentre i due fratelli maggiori hanno vissuto i loro primi anni nelle Indie e affrontato insieme alla madre la tremenda esperienza dei campi di prigionia a cui i Giapponesi, sbarcati in Indonesia nel 1942, destinano gli europei. La Olga che Jan conosce è la rispettabile moglie di un pastore di un villaggio olandese; non parla mai dei 14 anni trascorsi nelle Indie, né di ciò che ha vissuto, nel bene e nel male, né di ciò che ha imparato. La giovane donna che scopre un po’ alla volta leggendo le sue lettere e osservando le sue fotografie è molto diversa: è una persona curiosa, vivace, appassionata, bramosa di “vedere, assaporare, ascoltare, sentire”, lontanissima dalla mentalità coloniale. Non ha pregiudizi, non è sprezzante, non ha finalità economiche né cerca di diffondere la cultura olandese, sebbene all’inizio immaginasse di farlo. Ma accantona subito il proposito e si apre all’incontro con questa realtà e la sua popolazione, composta da diverse etnie spesso in conflitto. Trova il modo per stringere amicizia con le donne del posto. Sotto la guida del professor Anton Cense, studia le lingue, non solo il malese, ma il makassar e il buginese, con i loro sofisticati sistemi di scrittura, si applica alla lettura di raccolte di fiabe e di testi antichi, si interessa alle tradizioni, ai costumi religiosi, alle pratiche consuetudinarie. Mentre Han è spesso assente per il suo lavoro, che lo costringe a fare la spola dapprima tra Makassar e Saleier e poi verso la regione interna di Sulawesi, Olga approfondisce la conoscenza della cultura del posto. Intellettuali olandesi quali Cense, un erudito che padroneggia alla perfezione le lingue locali, Paul Seelig, grande conoscitore della musica locale e dei suoi strumenti, a cui si deve la trascrizione di temi autoctoni nella notazione occidentale, Benjamin Matthes, introdotto da una principessa buginese alla conoscenza di una sterminata epopea sulawesi e autore di un’antologia usata per generazioni nelle scuole makassar, la scrittrice Hella S. Haasse: sono tutte personalità che ricorrono nel libro di Brokken, esempi della volontà di conoscere e capire senza sopraffare, accostandosi invece con umiltà a un sistema culturale complesso e raffinato. Anche Olga, nel suo piccolo, è una di queste figure. Contribuisce pure all’attività missionaria e di ricerca del marito: offre mediazione linguistica e mette indirettamente a disposizione di Han gli strumenti per capire la natura delle conversioni spontanee al cristianesimo da parte di pescatori e contadini guidati da personalità sfuggenti come La Galiti o Petta Barang, rivoltosi che si sono appoggiati alla religione per lottare contro l’organizzazione socio-politica tradizionale, di stampo ancora feudale, basata sullo sfruttamento del popolo e sul dominio di una piccola élite musulmana.

Brokken offre dunque non solo la ricostruzione puntuale delle vicende personali della madre negli anni trascorsi in Indonesia, ma un interessante viaggio nella storia, nella vita e nella cultura dell’isola di Sulawesi e di alcuni dei suoi protagonisti.

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