L’ispettore Godai e il giovane Nakamachi vengono incaricati di indagare sull’omicidio dell’avvocato Shiraishi Kensuke, il cui corpo pugnalato è stato trovato sul sedile posteriore della sua auto in una strada di Tokyo. Shiraishi Kensuke era noto per la sua correttezza, generosità e moralità e la sua morte violenta sorprende tutti, senza eccezione alcuna. Non aveva problemi finanziari né sentimentali, non aveva screzi con nessuno. Ricostruendo i suoi movimenti, l’indagine individua presto un sospetto, il quale si dichiara immediatamente colpevole, spiegando per filo e per segno il suo movente e accollandosi anche la responsabilità di un altro delitto, avvenuto decenni prima e ormai prescritto. A pagina 90 il caso sembra dunque risolto e viene allestita l’istruttoria in vista del processo. La sola questione su cui ancora si dibatte riguarda eventuali attenuanti che risparmierebbero al reo confesso la pena di morte, visto anche il suo profondissimo rincrescimento, mentre i social e la stampa si dividono sulla liceità della prescrizione del suo precedente reato, per il quale non è più condannabile. Sempre che sia davvero lui il colpevole, al di là di quanto continua a sostenere.
Non è solo Godai a pensare che qualcosa non torni in tutta la faccenda e che la confessione, per quanto del tutto spontanea, non sia autentica; anche la figlia ventisettenne della vittima e il figlio dell’imputato sono perplessi: la ricostruzione dei fatti che hanno portato all’omicidio richiede una serie di azioni e reazioni in contrasto con le personalità e le condotte usuali dei loro rispettivi padri. I due giovani rimuginano sulle incongruenze e cercano di approfondire gli eventi; non si rassegnano a credere che certi comportamenti abbiano avuto luogo, che certe frasi siano state pronunciate. Non si conoscono, ma ciascuno dei due nutre per conto proprio gli stessi dubbi e lo stesso bisogno di scoprire la verità. È quindi inevitabile che si incontrino e che uniscano le forze, sebbene in linea di principio siano su schieramenti avversari. Ad aiutarli, pur restando defilati, ci sono Godai e Nakamachi; neppure loro sono convinti di aver risolto il caso, anche se l’inchiesta ufficiale è stata dichiarata conclusa e nessuno intende accogliere nuovi elementi, né i vertici della polizia, né il magistrato dell’accusa o l’avvocato difensore. Il processo ormai è imminente, l’imputato ribadisce ostinatamente la sua versione e le dinamiche del delitto appaiono chiare. I due giovani però perseverano, ignorano ogni tentativo di dissuasione e fanno di tutto per trovare e segnalare nuove possibili piste. Nel frattempo, l’imbarazzo esitante con cui hanno iniziato la loro collaborazione evolve in un sentimento più ricco e complesso.
Tutti i personaggi sono ben caratterizzati e credibili, a cominciare da Godai e dai due giovani. Le loro ricerche vengono seguite parallelamente, in capitoli distinti, fino a quando non iniziano a convergere. L’andamento del romanzo è pacato, i dettagli del caso sono esposti con chiarezza, così come il nascere e il consolidarsi dei dubbi e l’emergere di indizi che rappresentano altrettanti colpi di scena.
La storia è ben congegnata e intrigante e il finale è assolutamente sorprendente. Il romanzo del pluripremiato Keigo Higashino è un intrattenimento di buona fattura e per nulla scontato che, soprattutto nei capitoli finali, tocca i grandi temi del genere giallo: il rapporto tra verità stabilita dai tribunali e verità oggettiva, la complessa stratificazione di fattori alla base del gesto delittuoso e il loro diverso peso morale, le conseguenze degli errori giudiziari e della giustizia personale, ma anche gli effetti paradossali delle buone intenzioni, l’entità della colpa quando la vittima è una persona crudele, la possibilità e il valore dell’espiazione, il confronto sconvolgente con il nichilismo, la perdita di senso e il caos, che solo la conoscenza e la giustizia perseguita ad ogni costo possono arginare.
Francesca