Esponente di primissimo piano della poesia italiana contemporanea, Patrizia Cavalli ci offre qui una raccolta di prose che definirei sorprendenti. Sono testi che ha scritto nell’arco di anni e che sono rimasti per buona parte inediti. Di tanto in tanto, ad anticiparli o inframmezzarli, troviamo delle poesie.
La natura di queste prose non è riconducibile a una sola categoria. Si muovono infatti su registri diversi, anche se hanno un carattere prevalentemente narrativo. Inoltre, tra di esse non ci sono legami, se non il frequente rifarsi alla personalità e alle esperienze dell’autrice. Ci sono racconti veri e propri, ad esempio quello che apre la raccolta e le dà il titolo. Ci sono ricordi e considerazioni autobiografiche, sguardi introspettivi, visioni fantastiche, riflessioni, indagini sulle percezioni e sui sentimenti, analisi dei rapporti che intercorrono tra immaginazione e memoria. Ci sono ritratti e brevi illuminazioni. Ci sono i “sogni attorno agli oggetti”, siano essi una poltrona all’Opéra di Parigi o una colonna di porfido rosso oppure ancora le lenzuola che hanno ospitato – letteralmente – le immagini oniriche del dormiente, come in Il ladro di lenzuola. Molti sono i punti in cui si sorride, grazie a un umorismo ben dosato. Altrove, invece, la scrittura si fa densa e richiede la piena attenzione del lettore.
Anche laddove l’oggetto del testo è un elemento della quotidianità (la fascinazione per un paio di scarpe, la progettazione di una cucina nuova e più funzionale), la Cavalli apre prospettive inusuali, che conferiscono a quanto narrato un senso nuovo, più universale e profondo. Perfino fare le valigie in vista di un viaggio si rivela un “atto supremo di immaginazione”; immaginazione di cui è privo colui che si muove leggero, con poco bagaglio al seguito, evidentemente cieco alla grande varietà di ciò che può avvenire, a “ogni capriccio, ogni cambiamento”, vale a dire all’“intero repertorio delle incertezze, delle promesse e delle minacce”.
Leggo il racconto Opera incerta e ne traggo una vera e propria lezione sull’arte in generale e sulla scrittura in particolare. Mi colpisce l’acutezza psicologica, espressa a pieno ad esempio in Ricordi di infanzia e di adolescenza, ma in realtà onnipresente, perché la Cavalli mira sempre a svelare le motivazioni che stanno sotto la superficie dei comportamenti e, più in generale, a scavare sotto le apparenze. Resto altrettanto conquistata dall’abilità con cui l’autrice lavora sulle sensazioni, sull’apertura al mondo offerta dai sensi, a volte così ricettivi da far sprofondare l’anima nell’oscurità del caos, e sul loro legame con la ragione e la memoria, come in Mal di testa.
Mi affascinano la fantasia, la forza evocativa, gli slanci quasi metafisici, l’alternarsi di momenti in cui l’autrice si pone proprio di fronte alle cose, restituendole nella loro pura presenza, e di altri in cui ripiega su di sé, quasi a cercare di cogliere il centro del suo essere.
Il linguaggio nelle mani della Cavalli è uno strumento duttile. È incessante il lavoro sulla scrittura, che risulta elegante, raffinata e colta; la lingua è cesellata, accurata, precisa, con una grande ricchezza lessicale. La ricerca espressiva sfrutta al meglio le risorse della sintassi, la sonorità delle parole, la musicalità della frase, il suo ritmo.
Da un testo all’altro il tono cambia, passando dalla leggerezza alla profondità, dall’ironia sottile e penetrante all’evocazione lirica, ma ovunque vi è sensibilità, attenzione, intelligenza, immaginazione e una grande maestria.