Leonora Carrington, “La debuttante”, Adelphi (2018)

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In concomitanza con l’apertura al LAC della mostra dedicata al Surrealismo svizzero, mi accosto alla lettura dei racconti della Carrington, pittrice e scrittrice inglese vissuta per gran parte della sua vita in Messico, dove morì ultranovantenne nel 2011. Il suo legame con il Surrealismo (non con la Svizzera) è stato forte ed è iniziato nella seconda metà degli anni Trenta, quando, a soli 19 anni, conosce Max Ernst e ne diviene la compagna. Ma il suo interesse per l’arte e la letteratura era nato prima e proseguirà ben oltre questa relazione.

Purtroppo manca in questa pubblicazione della Adelphi una biografia dell’artista, così come una datazione dei racconti, che si immaginano facilmente scritti in momenti molto diversi della sua vita.

Il libro raccoglie 25 storie brevi, tutte scaturite da un immaginario pienamente surrealista, che, nella sua assoluta distanza da ogni velleità realistica, non ha bisogno di specificare né le identità dei personaggi, né tempi e luoghi, né una vicenda compiuta (ma quanta accuratezza in certe descrizioni! Specie nella resa di luci e colori). Sono immagini, momenti, azioni, squarci su un mondo altro.

L’editore definisce i quadri della Carrington “enigmatici e beffardi”, aggettivi che si attagliano alla perfezione anche a questi racconti. Io però aggiungerei anche mostruosi e stranianti, e per una lunga serie di motivi. Innanzitutto perché si muovono tutti sull’orlo: sull’orlo dell’inspiegabile, della fiaba macabra, dell’incubo, dell’inconscio. Inoltre, persone, luoghi, situazioni, oggetti che possono inizialmente sembrare noti e quotidiani rivelano presto un aspetto inquietante. Non c’è un discrimine chiaro tra mondo inorganico e organico, tra regno vegetale e animale, tra quest’ultimo e l’uomo, tra sfera terrena e ultraterrena. La mancanza di ordine e di confini è una delle chiavi di volta di queste storie. Ricorre in particolare con grande frequenza una prossimità tra uomo e animale (soprattutto il cavallo), per meglio dire, una compresenza nella stessa figura di tratti e caratteristiche dell’uno e dell’altro. Tutto l’universo che troviamo dispiegato in queste pagine è mostruoso nel senso di ibrido, caratterizzato da una contaminazione di ciò che di solito è separato. È mostruoso e meraviglioso insieme, ma nulla qui è puramente splendido, tutto è intaccato – sempre. E ancora: troviamo una commistione ansiogena tra una certa ingenuità e una crudele ferocia. Una ferocia che sa ben nascondersi sotto il volto umano, come nel primo racconto, quello che dà il titolo alla raccolta o sotto sembianze quasi angeliche, come in Le sorelle. Ma è altrettanto feroce anche l’assenza di pietà delle figure religiose come in  Il settimo cavallo o Mentre andavano lungo il margine. Insomma, creature naturalmente amorali rivelano l’inumanità degli uomini.

La stranezza, qualunque essa sia, è accettata come normale in questo mondo allargato in cui vigono altre nozioni di spazio e di tempo, di interno ed esterno. E dove ogni atto e ogni comportamento trova posto per esistere. È un mondo onirico, certo, ma quasi mai giocoso, semmai in gran parte sinistro e spaventoso, a volte violento, spesso irriverente.

All’interno della raccolta si trova una varietà di temi e toni. Ci sono racconti narrati in prima persona da una voce femminile che rifiuta la partecipazione a un consesso sociale vacuo e aberrante, preferendo la compagnia animale. Ci sono racconti più macabri, dalle atmosfere decisamente horror. E poi racconti satirici, se non addirittura dissacranti, in cui più forte si fa sentire l’irrisione ai comportamenti improntati al perbenismo, alla vuota rispettabilità, all’identità inautentica. In altri risuona invece l’eco della cultura messicana.

Storie stranianti, dicevo, ma certo non insensate, che vi regaleranno un’esperienza visionaria.

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