Luis Landero, “Pioggia sottile”, Fazi (2023)

ACQUISTA

Per gli 80 anni della madre, il figlio minore Gabriel vorrebbe organizzare un grande pranzo di famiglia, ma appena lo propone alle sorelle Sonia e Andrea, i conflitti da tempo in agguato affiorano con prepotenza, lasciando presagire il disastro. Ciascuno cova infatti rancori e lagnanze nei confronti degli altri familiari e la prospettiva di un incontro, dopo anni di contatti blandi e sporadici, dà la stura all’attribuzione vicendevole di colpe, mancanze, responsabilità vere o presunte.

Il tema della riunione di famiglia come occasione per fare i conti non è originale, ma lo scrittore spagnolo Landero lo modula con una voce tutta sua. Innanzitutto, gli dà una forma inconsueta: lo scontro tra Sonia, Andrea, Gabriel e la madre avviene in dialoghi esclusivamente telefonici che proseguono in confidenze rivolte ad Aurora, la moglie di Gabriel, che ha il dono (o forse la maledizione) di indurre gli altri ad aprirsi. Per sei lunghi giorni, i fratelli e la madre si accusano con asprezza e ogni loro sfogo viene immancabilmente completato, precisato, commentato in confessioni destinate solo a lei. Docile, comprensiva e partecipe, Aurora si riempie di questi fiumi di parole amare, sempre più perplessa e stanca di trovarsi al centro di un labirinto di storie contraddittorie. Condannata a raccogliere le lamentele di tutti, mentre lei non riesce mai a parlare di sé, di sua figlia affetta da problemi genetici, dell’egoismo e dell’inconcludenza del marito Gabriel, che dovrebbe starle a fianco e invece vive la sua vita, si atteggia a filosofo stoico e decanta i benefici del distacco dal mondo.

Oltre alla notevole capacità di fare affiorare nel dialogo i nodi di queste vite complicate, il romanzo permette di vedere come da un’unica e medesima storia possano nascere tante versioni quanti sono i suoi protagonisti. Il coacervo di astio e autocommiserazione che avvelena i rapporti di questa famiglia trae origine da un passato comune che però ciascuno ha vissuto e ricorda in modo diverso. È facile estendere tale meccanismo a intere società e nazioni, sebbene mai, in queste pagine, ci siano accenni alla politica; tuttavia, anche qui gli stessi eventi conoscono interpretazioni divergenti e diventano “miti fondativi” di identità alternative, fomentando risentimenti. “Le acque del passato sono sempre torbide e, peggio ancora, intorbidiscono anche quelle del presente”.

Le ostilità tra i tre fratelli e tra loro e la madre si nutrono di ricordi solo parzialmente veri, frutto di involontarie mistificazioni e rielaborazioni individuali. Ognuno ha forgiato una sua narrazione delle stesse vicende, secondo la sua sensibilità e immaginazione, e vive immerso in questa storia, la rimugina, se ne nutre, la rinfaccia agli altri e la consolida ripetendola innumerevoli volte ad Aurora, con dettagli sempre più particolareggiati ma non per questo più reali. A dare battaglia sono soprattutto la bella Sonia e l’infelice Andrea, che incolpano la madre e Gabriel dei loro fallimenti e delle loro sofferenze; ma gli attriti sono fortissimi anche tra le due sorelle, che continuano a sbandierare torti ed esibire ferite. Andrea, in particolare, è una maestra nel vittimismo e i suoi racconti gonfi di pathos e melodramma, puntualmente ridimensionati dagli altri, sono fonte di un certo divertimento per il lettore. Ma è un’ironia grottesca e vieppiù scura, perché le sofferenze dei personaggi sono reali. È sconcertante vedere adulti disperati che si rinfacciano offese infantili, mentre continuano a ripetersi quanto si amano l’un l’altro.

Il punto di svolta nelle loro vite risale alla morte improvvisa del padre, un uomo allegro e pieno di fantasia, che incantava i figli con le gesta di un antenato immaginario. Con la sua scomparsa, la tristezza si impossessa della casa. I tre fratelli, ancora piccoli, restano soli con la madre, austera, cupa, angosciata dalla mancanza di soldi al punto da stravolgere la vita delle figlie. Gabriel invece, almeno secondo le sorelle, non ha mai subito le imposizioni materne, è stato protetto e favorito, ha potuto seguire le sue inclinazioni e vivere felice, astraendosi dal turbinio del mondo circostante.

L’incrocio di rimostranze tra persone imprigionate nel passato è molto ben costruito. Bello il personaggio di Aurora, vittima incolpevole di questa piccola guerra fratricida; lei è l’unica a conoscere e capire tutti i punti di vista, sentendosi sempre più oppressa. Il principale difetto del romanzo risiede a mio avviso nella figura di Horacio, colui che Sonia ha sposato giovanissima spinta dalla madre e che è la principale fonte di discordia tra le due sorelle. La sua personalità è fin troppo ambigua e troppo carica è la rivelazione finale di qualcosa che il lettore aveva già intuito.

Segnalibro