Teresa Ciabatti, “Matrigna”, Solferino (2018)

 

ACQUISTA

È appena arrivato in libreria il nuovo libro di Teresa Ciabatti e, ovviamente, non posso resistere. Sospendo la lettura del pur interessante The Game di Baricco, su cui mi soffermerò prossimamente, e mi infilo tra le pagine di Matrigna. Appartengo infatti alla folta schiera (folta, ma non universale) di chi ha molto apprezzato il precedente romanzo della Ciabatti, La più amata, uscito lo scorso anno per Mondadori e arrivato secondo al Premio Strega 2017. Io lo avevo preferito al libro che di fatto ha vinto l’ambito premio, Otto montagne: più particolare nella scrittura, più profondo nei contenuti, più ricco nei temi.

E’ con aspettative alte che mi accingo quindi a leggere questa nuova pubblicazione.

Anche qui a parlare è una donna, Noemi, che rievoca la sua infanzia e l’evento che più l’ha segnata: la scomparsa del fratellino Andrea di 6 anni quando lei ne aveva appena 9. Si sarà perso? Sarà stato rapito? E da chi? Loro erano insieme quando il fratellino è scomparso, si tenevano per mano, la madre era poco distante, la folla quella di una festa di Carnevale.

Non si pensi tuttavia che abbiamo a che fare con un giallo o con un qualsiasi tipo di intrigo volto a svelare il mistero. Ben altri sono i nodi che si cerca di sciogliere: che cosa può celarsi nella parte più riposta e segreta dell’essere figli e dell’essere madri; che cosa significa vivere con il senso di colpa e di inadeguatezza e, in controluce, con il disperato bisogno di salvarsi; perché non è vero che il dolore unisce le famiglie, ma, al contrario le separa, rinchiudendo ciascuno nella propria sofferenza; che cosa significa essere dei sopravvissuti, convivere con un trauma, in questo caso la tragedia familiare che per tutti rappresenta la cesura che scandisce il tempo in un prima e in un dopo.

Con la scomparsa del piccolo Andrea, Noemi perde il fratello e, insieme, anche la madre, Carla, che sembra rimasta lì, attaccata a suo figlio. Si direbbe il suo unico figlio. Perché già prima lui era il preferito, il bambino bellissimo, biondissimo e perfetto e Noemi la figlia negletta, poco cercata, poco vista. Anche quando il dramma non era ancora avvenuto, la madre sembrava amare solo Andrea, lasciando Noemi in disparte, come si vede anche nelle foto di famiglia. Insomma, per lei Carla è sempre stata una matrigna, più che una madre.

Se il romanzo dello scorso anno, a carattere fortemente autobiografico, era centrato sulla figura paterna, qui, in un’opera di finzione, è l’ambiguità, l’insondabilità, l’apparente debolezza, il sottile esercizio del potere della madre a venir messo sotto la lente, insieme alle conseguenze che tutto ciò ha sulla figlia.

Noemi appena può scappa. Va a studiare in un’altra città, distante, e ricomincia a vivere. Fino a quando non suona il telefono e deve rientrare ad aiutare la madre finita in ospedale. Troverà un’altra donna: gioiosa, sorridente, bionda. E innamorata.

La Ciabatti scrive con uno stile sincopato e spezzettato, volutamente ripetitivo, perché torna e ritorna in cerchi concentrici sugli stessi nodi, mai sciolti e forse mai scioglibili. E’ seria ma sa essere anche sottilmente ironica. E mette in scena (di nuovo) una protagonista piena di risentimento e recriminazioni che ad alcuni può risultare antipatica.

Tuttavia, per me non è questo il limite del libro. Il suo limite sta nella conclusione pasticciata, poco lucida e poco credibile. Peccato!

Segnalibro